Quando penso alla forma dal senza forma e allo spazio creativo interiore vivo quest’ultimo come un ambiente accogliente e senza attese proprie. Luogo in cui entro ed è ricco di riposo e come di un quieto nutrimento; luogo che rende possibile la bontà verso me stessa: dal riposo alla risposta, dalla spontaneità dell’azione alla possibilità della quiete. Luogo che veglia con amore la nascita del gesto spontaneo. Credo che sia per me il punto più vicino a quello che Marion Milner mette in parole come tenere delicatamente le proprie ossa.
Le immagini con cui mi si presenta mutano in modo fluido. Alcune , le più commoventi si ripresentano: un piccolo bersò immerso nel verde, fatto di vele mobili, che si espandono e ritornano su di sè al ritmo del respiro. Un mausoleo in penombra come quello di Galla Placidia con la volta coperta di stelle….
..come la prima volta che ho levato gli occhi e li ho sentiti coincidere con il cuore, con la bellezza e ho pensato ecco, sono arrivata, ma poi è successo altre volte…
…la volta a botte della Porziuncola. Una stanza. Una grotta. Una volta verde. Un fluttuare d’aria. Ogni volta vivo la grazia di contenere ciò che mi contiene.
“Tenere delicatamente le proprie ossa, madre natura, lo spirito della propria madre, tenuto delicatamente dentro, con indulgenza per le sue reali mancanza umane e con gratitudine per ciò che ha dato, il corpo che lei accudiva così teneramente viene ora tenuto gentilmente in ricompensa per le sue cure” (M.Milner 1987)
La forma muta perchè è sempre provvisoria, perchè il Luogo si racconta attingendo al mondo delle immagini di cui noi umani abbiamo bisogno. Ma, più sono profondamente e consapevolmente immersa nel corpo, meno immagini compaiono. C’è solo una quiete raccolta, colma di gratitudine e cura, e colma di possibilità, che consente di scendere al fondo delle cose, dove non c’è più significato dato, ma solo l’emergere…
L’emergere di qualcosa che appare e cerca per la prima volta di integrarsi. Sapere che ciò che emerge è pensiero ma non sarebbe, dai più, riconosciuto come tale.
A volte mi esilio. Non è sempre tempo. Il reale altro porta con sè la sua cifra di faticosa assenza di tregua, di setacci utilizzati a vuoto, di crogioli che non funzionano. Mi è diventato utile ricordare che quando sono in esilio, mi ci sono messa da sola. Che la porta si apre solo in Assenza di Forma.
Per me, questo luogo, spazio, quiete, questa penombra gestazionale è l’interiorizzazione della cura materna. Cura che ci permette in origine di trovarne il centro, di tollerarne il fluttuare, di passare da stato a stato, di riposare in assenza di forma e di rimanere vigili in assenza di forma, perchè il Sé in divenire possa essere conosciuto.
Non sto parlando della madre storica. Be’, se c’è stata una madre così buona, tanto meglio. Ma se non c’è stata possiamo trovarla, il Sè la contiene e ci contiene, mentre lo conteniamo…Un insieme di figure e persone incontrate sulla Via, un orientarci verso ciò che è sufficientemente buono e che di solito è così lontano da ciò che crediamo di volere, da ciò che abbiamo costruito con la mente su Ciò che ci deve esser dato per stare bene…
Da qualche parte sto pensando nuovamente alla Resa…
“Cedere, cedere al movimento di una nave. Ora ricordo che navigando sull’Adriatico, sentivo che mancava qualcosa. Sì, naturalmente c’era troppa calma, non c’era il rollio del ponte a cui potersi abbandonare. Non è questo un atto di tipo femminile, come per esempio lasciarsi respirare piuttosto che prendere respiro? Ma se questa non è ricettività femminile, è un modo essenzialmente attivo di ricevere e sottiintende una grande fiducia, non ha niente a che fare con una semplice passività indifferente. E una volta era il respiro materno: come il rollio di una barca quando eravamo cullati tra le sue braccia.” (M.Milner, 1987)
Dedico le righe che ho scritto e che forse troverete anche un po’ strambe, a tutto il femminile che mi ha cullata tra le sue braccia e Per tutte e tutti ringrazio Marion Milner che ha trovato le parole respiro che ho citato.
Per chi è arrivato a questa Parte Terza senza aver letto le precedenti, eccole di seguito:
La Forma del senza Forma e lo Spazio Creativo. Parte prima
La Forma del senza Forma e lo Spazio Creativo. Parte seconda
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