Dopo Tredici modi di guardare un merlo di Wallace Stevens, eccone uno di Seamus Heaney, San Kevin e il merlo, forse una delle mie poesie preferite. La corredo di link sulla vita del santo e di fotografie della città monastica di Glendalough, dove si era ritirato a vivere.

il sito monastico di Glendalough
San Kevin e il merlo
E poi c’era San Kevin e il merlo.
Il Santo è in ginocchio dentro la sua cella
a braccia tese ma la cella è stretta.
Così deve sporgere il palmo irrigidito
come una trave maestra fuori dalla finestra
affinché il merlo vi si posi
per deporre e preparare il nido.
Kevin avverte nel cavo della mano le uova tiepide,…
il pettuccio, la testina dal piumaggio ravviato,
i piccoli artigli e, scoprendosi legato
alla rete della vita eterna,
è mosso a pietà: dovrà continuare a tenere la mano tesa
come un ramo fuori nella pioggia e nel sole per settimane
finché la nidiata non uscirà dal guscio per prendere il volo.
*
E siccome l’intera cosa è stata comunque immaginata,
immagina tu d’essere Kevin. Come ti appare?
Dimentico di se stesso o in agonia perenne
dalla nuca fino agli avambracci doloranti?
Ha le dita indolenzite? Avverte ancora le ginocchia?
Oppure, il nulla ottenebrato dell’oltretomba
s’è aperto un varco dentro di lui? Vaga lontano con la mente?
Solo e riflesso limpidamente nel profondo fiume dell’amore,
“Lavorare e non cercare ricompensa,” questa è la sua preghiera.
Una preghiera recita il suo corpo interamente
poiché ha dimenticato se stesso, dimenticato il merlo
e solo, sulla sponda, ha scordato il nome del fiume.
(da ‘The spirit level’, Mondadori, 2000 – Traduzione di Roberto Mussapi)

ST Kevin cell

ST Kevin bed