Ho raccolto nel tempo tracce di donne. Alcune antiche, altre solo vecchie, altre ancora recenti. Donne di famiglia: bisnonne, nonne, mia madre. O sconosciute ma sempre madri, figlie, sorelle e ave di qualcun’ altra o altro. Mi incantano, mi commuovono. Ricami fatti per la casa propria o altrui. Modelli per abiti tagliati e cuciti da sé. Fiocchi azzurri e rosa, nastri neri. Ex voto. Lettere fiorite nella giovinezza, destinate ad un’amica, un amante. Lettere bordate a lutto. Lettere censurate. Veli da sposa e messa. Liste della spesa e conti attenti. Ricette. Non mi è mai stato possibile gettare ciò che della storia famigliare era tramandato attraverso queste tracce. Poche volte poi ai mercati delle pulci ho resistito a piccole scatole di legno piene di biglietti, o ad altre, improvvisate, che tenevano alla rinfusa i resti più umili di una casa svuotata, ben separati dai documenti importanti che, presentati con maggior ordine e attenzione, a prezzo maggiore venivano anche venduti.Valevano di più, sul mercato.
Questa estate è arrivato il momento di dare forma e erano le Donne della Grande Guerra a chiedermelo.
Sovrapporre un pizzo ad una vecchia velina da ricamatrice, poi ad altri materiali, trasparenti in diversa maniera, e scoprire di non poterlo fare incollandoli sopra una tela o un legno. Mi toccava cucirli e che lo sfondo fosse altrettanto lieve e la luce ci potesse passare.
Fare i conti con l’età del materiale: più era antico, più era possibile che tanta delicatezza si sbriciolasse tra le dita ed era necessario cambiare strumenti, gesti e forza per lavorare preservandolo.
Osservare gli strati e trovare i punti in cui qualcosa di più opaco e altro doveva inserirsi. Stoffe pesanti, frammenti neri e rossi dove sentivo che la Storia aveva cambiato per sempre una vita, in un’ora e un giorno qualunque per molti, ma precisi per qualcuna.
L’opera stava dettando le sue leggi. Appena uscita dal corpo e dalla vita psichica, chiedeva di essere tenuta, osservata e riconosciuta per ciò che era, di essere maneggiata con cura e che rispondessi ai suoi bisogni nel momento opportuno …
Tutto questo mi ha fatta arrivare in uno dei Luoghi del Femminile: quello da cui le donne tengono con un lavoro minuto, fatto di punti piccoli e precisi, il ciclo della vita. Ci sono altri Luoghi e altri Modi e non è certamente una novità. Ma questi sono il Modo e il Luogo in cui la donna tiene la vita ricamandola sotto pelle. Poi, se uno è bravo, la può vedere in trasparenza, tutta quella vita, nella qualità dello sguardo. Un limpido sguardo a strati.
Puoi vederle portare la famiglia bene in bilico sulla testa tenuta alta, il corpo un unico flusso di eleganza sotto il peso. Nascite, morti, partenze. Tutto tenuto con decoro, mostrandosi come ricami pazienti che ingentiliscono la vita. Credendolo a volte per davvero.
Puoi vederle intrecciare capelli,asciugare nasi, pulire sederini tondi e lustri o vecchi e avvizziti come mele rinsecchite.
Puoi vederle portare la famiglia sulla schiena curva, il corpo un unico cigolare sotto il peso della fatica. Alzarsi per prime e andare a letto per ultime. Cucire a piccoli punti precisi la loro vita nel ricamo fatto sulle lenzuola di un’altra. Segnare con grafia stentata, su un modello da pigiama ricavato in carta povera dove vanno le asole. Nascite, morti, partenze. E anche qui trecce, nasi, sederini, vecchie mele.
Sono un Luogo, un Modo che traspaiono da tracce lontane. Difficile riconoscerle nell’oggi, facilissimo pensare che non ci sia più nulla di tutto questo.
Ma a stare nell’opera, a portarla avanti, li ho ritrovati di colpo e ho saputo che li abito e li ho abitati, senza nemmeno saperlo: l’ho succhiato col latte. Che le donne della mia famiglia me li hanno trasmessi che stavo ancora nella pancia: scorrevano nel loro sangue e da una all’altra sono arrivati fino a me. Ho saputo che conosco ogni storia, che ho pregato la Misericordiosa perché una guerra non mi portasse via nessuno, che quando è accaduto mi sono spezzata, povera cosa senza parole mentre gli altri parlavano di Patria e Morte eroica, evitando così il nome del dolore, rendendo il mio impronunciabile. Che condivido da sempre con tutte l’assoluto silenzio della vita e della morte. Che se mi avvicino a ciò che è ricamato sulla pelle del cuore conosco e tengo ciò che ogni donna ha vissuto e vive ancora oggi in qualche parte del mondo. Ho sentito tirare ogni singolo punto del ricamo che, sotto la pelle, mi lega a Tutte. Le immagini? La prossima volta.
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succhiato col latte! grazie sorella
Cara Cecilia da quest’estate anche io sono qui, tra fili abiti e parole.Affiorano a volte come doni ,altre come ombre, misteri, altre ancora come…… mi piacerebbe condividerli con te. lo faccio almeno qui così. Grazie per le tue parole. Ciao Ingrid.
Cara Ingrid è bella la tua presenza. Grazie per la condivisione. penso che molte siano le donne, moltissime quelle che fanno arte che seguono questa traccia in modi diversi. Mi piacerebbe, se hai voglia, che tu potessi scrivere un commento proponendo quello che fai, quello che pensi. mi piacerebbe avviare su questo tema delicato fatto di fili, abiti e parole, un confronto. magari per scriverne, tutte insieme. Cecilia
cara cecilia, che emozione leggere queste righe, vissute, assaporate, cucite addosso con amore e dolcezza…..buona giornata
Adriana
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